UNA
TERRA
CHE
PARLA
Montebruna è anche un sogno che unisce le generazioni della famiglia Bologna: quanto di grande rimane di Giacomo Bologna è in ciò che ha compiuto e sognato.
La sua vita è stata di sogni che ha reso concreti, per immaginarne di nuovi e lasciarli a chi, amandoli, li ha interpretati.
È questo il ritratto che più si addice a un vignaiolo estroso e geniale come lui. Giacomo aveva tra i suoi desideri quello di rilevare, a Rocchetta Tanaro, i terreni della collina Montebruna. La proprietà era frazionata fra numerosi agricoltori e all’epoca l’acquisizione fu impossibile.
Ma il tempo trova il modo di concedere ciò che all’inizio sembra negare.
Ed è il figlio Giuseppe, a fine anni ‘90, a riprendere i contatti per i terreni. Giovanissimo ma determinato riesce, con paziente tenacia a comprarne la maggioranza.
Oggi Montebruna – 40 ettari in totale di cui 20 vitati e dedicati alla Barbera – ha un impianto particolarmente fitto da cui nascono grappoli più piccoli, con una maturazione ottima e una vendemmia precoce.
IL PROGETTO MONTEBRUNA
Le lettere che compongono il nome rappresentano i numerosi appezzamenti di terreno che sono stati acquisiti per ricostruire quella proprietà.
Si richiamano ai filari disegnati, calligraficamente, dalle parole e dalle poesie, ispirate alle emozioni suscitate nei loro autori. Così, attraverso un naturale processo di identificazione tra la vigna e i versi che le sono dedicati, si è data voce a una terra che ha molto da raccontare e veste al suo vino.
S’arrampica la vigna a Montebruna
per riposarsi placida nel sole.
Stanno le verdi viti all’orizzonte,
increspature in fila decrescente
onde di un mare mai dimenticato
che in tempi assai lontani qui è passato…
oggi le vigne tingono la vetta:
è il mare del barbera di Rocchetta
In cima al monte il vecchio contadino
dà un calcio alla conchiglia che ha trovato
ed è eccitato come un ragazzino:
domani
questo mare sarà vino
Bruno Lauzi – 2001
Eccoci.
Siamo fatti di nebbia e d’inverno
siamo fatti del rosso di foglie e tramonti
e d’azzurro ventato
e di nuvole bianche a ditate additate
nei timore che il grigio le gonfi
e del sole a picco sul capo
che d’ombra ci invade.
Eccoci.
Siamo fatti di soffici passi in colline
che agli occhi son certe per incerta fortuna
e del grido che scende la valle
per un nome qualunque
e del sangue e del vino versato
dell’amore sognato inseguito trovato
e perduto per sempre o mai più
Giorgio Faletti – 2003
Ascoltando la luna
e i vapori luminosi
di allegri silenzi
assaporo nell’aria
future canzoni.
Ascoltando maturare il pane
da qualunque seme
per qualunque fame
io mi risveglio.
Ascoltando la nebbia sottile
salata da un mare non troppo
lontano e ascoltando
il tempo che ci inghiotte
e ci rifà
mentre la terra ridiventa vino
io dichiaro eccellente
ogni vendemmia che verrà.
Roby Facchinetti – 2005
Siedò lassù in alto a Montebruna.
Mite colle, dolci curve.
Come donna appena vinta giaci nuda
dove ieri c’era l’uva.
Perché è femmina il Barbera
lo è la terra, la fatica la fortuna.
Sento il suono del silenzio a Montebruna
è finita la vendemmia ed ora è pace.
Le parole della terra sono
mosto, legna e bruma.
Si fa sera su Piemonte e Montebruna.
Alzo gli occhi verso sera:
è ancor sole ed è già luna!
Omar Pedrini – 2008
Dove va il Tanaro oggi?
Come ieri, ad Alessandria.
Troverà gente col cappello di feltro
che parla con la erre forte.
Sì, ma passa per la Rocchetta?
Si capisce, fermata obbligata.
Perché il Tanaro si guarda intorno
e conosce vigna e vigna
e annusa i profumi e trova i colori
e sente di notte la luna discorrere col vino.
Sono anime eterne.
Paolo Conte – 2015
Diciamolo subito: qui, dove vengono su splendide rose, siamo in quella che è stata la patria dei migliori vini rossi del mondo. Del mondo.
Festeggiamo questo Montebruna, dal nome mezzo maschio e mezzo femmina, con questo aggettivo sacro (brun, brune) nella poeticità francese per un colore a volte enigmatico, che non sai se è ancora giorno o è già notte (…la valse brune, le chevalier de la lune… , ma noi li abbiamo battuti: spunta’l sul e la lúna, e la lúna a Muncalé…).
Montebruna, dunque, è una Barbera (barbara barbisa berbera) e come tale va apprezzata.
Io l’assaggerò senza nascondermi di essere un vecchio appassionato che ricorda il gusto e il profumo dei vini di una volta e proprio, e solo per questo, guarda un po’ dall’alto i giovani tastevins che per ragione di età quel gusto e quel profumo non li hanno conosciuti e, forti di studi, cercano il cuoio, il goudron di liquirizia, i fiori appassiti e tante cose belle.
Noi, nella Barbera, sentivamo a volte la pesca, la fragola, la viola, ma prima di tutto cercavamo e trovavamo il gusto dell’uva. Uva barbera (e, quando il vino aveva molto corpo, paradossalmente la panna).
Assaggerò questa Montebruna da solo, in cucina, mangiando un grissino di Asti e guarderò nello specchio dei ricordi il bel sorriso, ospitale e malandrino, di Giacomo della Rocchetta…
Un piacere ritrovato!
Paolo Conte
UNA TERRA CHE PARLA
Montebruna è anche un sogno che unisce le generazioni della famiglia Bologna: quanto di grande rimane di Giacomo Bologna è in ciò che ha compiuto e sognato.
La sua vita è stata di sogni che ha reso concreti, per immaginarne di nuovi e lasciarli a chi, amandoli, li ha interpretati.
È questo il ritratto che più si addice a un vignaiolo estroso e geniale come lui. Giacomo aveva tra i suoi desideri quello di rilevare, a Rocchetta Tanaro, i terreni della collina Montebruna. La proprietà era frazionata fra numerosi agricoltori e all’epoca l’acquisizione fu impossibile.
Ma il tempo trova il modo di concedere ciò che all’inizio sembra negare.
Ed è il figlio Giuseppe, a fine anni ‘90, a riprendere i contatti per i terreni. Giovanissimo ma determinato riesce, con paziente tenacia a comprarne la maggioranza.
Oggi Montebruna – 40 ettari in totale di cui 20 vitati e dedicati alla Barbera – ha un impianto particolarmente fitto da cui nascono grappoli più piccoli, con una maturazione ottima e una vendemmia precoce.
IL PROGETTO MONTEBRUNA
Le lettere che compongono il nome rappresentano i numerosi appezzamenti di terreno che sono stati acquisiti per ricostruire quella proprietà.
Si richiamano ai filari disegnati, calligraficamente, dalle parole e dalle poesie, ispirate alle emozioni suscitate nei loro autori. Così, attraverso un naturale processo di identificazione tra la vigna e i versi che le sono dedicati, si è data voce a una terra che ha molto da raccontare e veste al suo vino.
per riposarsi placida nel sole.
Stanno le verdi viti all’orizzonte,
increspature in fila decrescente
onde di un mare mai dimenticato
che in tempi assai lontani qui è passato…
oggi le vigne tingono la vetta:
è il mare del barbera di Rocchetta
In cima al monte il vecchio contadino
dà un calcio alla conchiglia che ha trovato
ed è eccitato come un ragazzino:
domani
questo mare sarà vino
Bruno Lauzi – 2001
Siamo fatti di nebbia e d’inverno
siamo fatti del rosso di foglie e tramonti
e d’azzurro ventato
e di nuvole bianche a ditate additate
nei timore che il grigio le gonfi
e del sole a picco sul capo
che d’ombra ci invade.
Eccoci.
Siamo fatti di soffici passi in colline
che agli occhi son certe per incerta fortuna
e del grido che scende la valle
per un nome qualunque
e del sangue e del vino versato
dell’amore sognato inseguito trovato
e perduto per sempre o mai più
Giorgio Faletti – 2003
e i vapori luminosi
di allegri silenzi
assaporo nell’aria
future canzoni.
Ascoltando maturare il pane
da qualunque seme
per qualunque fame
io mi risveglio.
Ascoltando la nebbia sottile
salata da un mare non troppo
lontano e ascoltando
il tempo che ci inghiotte
e ci rifà
mentre la terra ridiventa vino
io dichiaro eccellente
ogni vendemmia che verrà.
Roby Facchinetti – 2005
Mite colle, dolci curve.
Come donna appena vinta giaci nuda
dove ieri c’era l’uva.
Perché è femmina il Barbera
lo è la terra, la fatica la fortuna.
Sento il suono del silenzio a Montebruna
è finita la vendemmia ed ora è pace.
Le parole della terra sono
mosto, legna e bruma.
Si fa sera su Piemonte e Montebruna.
Alzo gli occhi verso sera:
è ancor sole ed è già luna!
Omar Pedrini – 2008
Come ieri, ad Alessandria.
Troverà gente col cappello di feltro
che parla con la erre forte.
Sì, ma passa per la Rocchetta?
Si capisce, fermata obbligata.
Perché il Tanaro si guarda intorno
e conosce vigna e vigna
e annusa i profumi e trova i colori
e sente di notte la luna discorrere col vino.
Sono anime eterne.
Paolo Conte – 2015
Diciamolo subito: qui, dove vengono su splendide rose, siamo in quella che è stata la patria dei migliori vini rossi del mondo. Del mondo.
Festeggiamo questo Montebruna, dal nome mezzo maschio e mezzo femmina, con questo aggettivo sacro (brun, brune) nella poeticità francese per un colore a volte enigmatico, che non sai se è ancora giorno o è già notte (…la valse brune, le chevalier de la lune… , ma noi li abbiamo battuti: spunta’l sul e la lúna, e la lúna a Muncalé…).
Montebruna, dunque, è una Barbera (barbara barbisa berbera) e come tale va apprezzata.
Io l’assaggerò senza nascondermi di essere un vecchio appassionato che ricorda il gusto e il profumo dei vini di una volta e proprio, e solo per questo, guarda un po’ dall’alto i giovani tastevins che per ragione di età quel gusto e quel profumo non li hanno conosciuti e, forti di studi, cercano il cuoio, il goudron di liquirizia, i fiori appassiti e tante cose belle.
Noi, nella Barbera, sentivamo a volte la pesca, la fragola, la viola, ma prima di tutto cercavamo e trovavamo il gusto dell’uva. Uva barbera (e, quando il vino aveva molto corpo, paradossalmente la panna).
Assaggerò questa Montebruna da solo, in cucina, mangiando un grissino di Asti e guarderò nello specchio dei ricordi il bel sorriso, ospitale e malandrino, di Giacomo della Rocchetta…
Un piacere ritrovato!
Paolo Conte