Tratto da LA STAMPA WEB del 14 maggio 2004
NELLA CLASSIFICA DI “REVUE DU VIN”: GAJA, VOERZIO, BRAIDA, MALVIRA E PIO CESARE
La Francia incorona 5 piemontesi
Scelti fra i cento migliori del mondo
Il mondo del vino e’ percorso con regolarita’ da classifiche e graduatorie. Piacciono molto ad americani, inglesi e giapponesi. La bibbia dei gourmet statunitensi “Wine spectator” elenca puntualmente i cento migliori vini dell’anno, quelli con il piu conveniente rapporto qualita-prezzo, le annate memorabili con votazioni e graduatorie su vini e aziende. E poi ci sono le guide con i loro “bicchieri”, “i soli”, “grappoli” e icone varie. “La revue du vin de France” da 40 anni ha una linea editorale piu raccontata. La rivista e portavoce dell’orgogliosa enologia transalpina e poco concede a vini e produttori stranieri. Per questo il viaggio giornalistico nei principali “Vins du monde” e’ stato accolto con grande interesse e ha il sapore di una consacrazione. Gli eno-critici transalpini hanno redatto il ritratto di 114 aziende nei cinque continenti, dedicando all’Italia 19 schede. Una presenza significativa per il paese che contende alla Francia il primato produttivo. Cosi come e’ significativo il titolo della sezione italiana del dossier redatto da Michel Bettane (specializzato in vini piemontesi) e da Alessandro Masnaghetti (per le altre regioni): “Italia, il mondo porta in trionfo i suoi vini”. Nel sommario si cita la classe mondiale dei vini di Piemonte e Toscana che stimolano l’intero vigneto italiano, mentre Friuli, Lombardia, Campania e Sicilia “se sentent pousser des ailes” (letteralmente: “si sentono spuntare le ali”). Dopo aver detto che ogni regione ha le sue star e i suoi vini cult, i francesi raccontano la storia di otto vignaioli toscani, cinque piemontesi, un veneto, un umbro, un siciliano, un campano, un friulano e un lombardo. Diciannove nomi nel panorama punteggiato di stelle dell’enologia italiana sono davvero pochi e gli esclusi hanno di che dolersi, ma il metro di paragone dei francesi e stato piuttosto rigido: tutti i nomi indicati, con la sola eccezione del colosso toscano Antinori, appartengono ad aziende medie e in qualche caso piccole, con vigneti propri e capitali che derivano in massima parte dal mondo enologico. Per il Piemonte la scelta e’ caduta su cinque griffe note e non solo al pubblico degli eno appassionati. Per Angelo Gaja i riflettori della fama enologica internazionale sono accesi da tempo: la rivista inglese “Decanter” lo nomino “uomo dell’anno del 1998”, per Wine Spectatori e “the best”. Lui si divide tra l’azienda di Barbaresco e la tenuta Ca Marcanda, a pochi passi dallo storico viale dei cipressi di Bolgheri dove il progettista astigiano Giovanni Bo ha fatto nascere una cantina da rivista di architettura. “Il riconoscimento dei francesi arriva in un momento particolare per il mercato mondiale del vino e mi fa molto piacere condividerlo con altri nomi che sono espressione autentica del nostro Piemonte”. Gaja rivendica un ruolo chiave per chi produce vino e cita il dizionario Devoto-Oli. “Vignaiolo: coltivatore della vigna e invece ho visto e letto affibbiare questa parola anche ad Al Bano, Sting, Cavalli, Paolo Rossi e altri cantanti, banchieri e industriali. Personalmente e un temine che non mi spetta. Cosa sono? Un imprenditore agricolo?. Le “nomitation” francesi per l’assessore regionale al Turismo Ettore Racchelli sono un premio al Piemonte come territorio e un invito straordinario a venire a scoprirlo direttamente. Flavio Accornero, presidente del Distretto del vino commenta: “I produttori e le loro storie hanno un ruolo chiave nella promozione del made in Italy in tutto il mondo”.
Sergio Miravalle
Pubblicato il 15 Febbraio, 2022