Il tempo della Barbera non passa mai. Piuttosto scorre. Prima “vinaccio” da osteria, poi vino di pregio, poi goffo emulo di altri vini, poi di nuovo grande e originale. Poi chissà. La nostra storia con la Barbera, vino che amiamo senza condizioni, inizia ai nostri esordi gastronomici, e alla grande, con Il tempo della Barbera non passa mai. Piuttosto scorre. Prima “vinaccio” da osteria, poi vino di pregio, poi goffo emulo di altri vini, poi di nuovo grande e originale. Poi chissà. La nostra storia con la Barbera, vino che amiamo senza condizioni, inizia ai nostri esordi gastronomici, e alla grande, con il Bricco dell’Uccellone. Ma più che il vino, avevamo conosciuto frammenti sentimentali della storia di Giacomo Bologna, l’uomo che ha inventato la Barbera. O forse l’ha plasmata come uno scultore che vede nel marmo la morbidezza dell’opera finita, mentre noi vediamo solo pietra dura e fredda. Basti ricordare che quando, nel 61, la Barbera veniva venduta alle cantine a circa 70 lire al litro, e tutti la vendevano, lui fiero della grande annata propose un prezzo doppio. Non la vendette e per fortuna si mise a imbottigliare.
Dopo un viaggio in California nei primi anni ’80 scoprì tecniche sconosciute ai piemontesi. La rivoluzione della barrique ebbe inizio. Generando mostri e creando capolavori. Il Bricco dell’Uccellone è un capolavoro fine, frutto della stessa mente che dispensa consigli di vita così: “Costruitevi una cantina ampia, spaziosa, ben aerata e rallegratela di tante belle bottiglie, queste ritte, quelle coricate, da considerare con occhio amico nelle sere di Primavera, Estate, Autunno e Inverno sogghignando al pensiero di quell’uomo senza canti e senza suoni, senza donne e senza vino, che dovrebbe vivere una decina di anni più di voi”.
(Cavallito & Lamacchia, La Repubblica)