Giacomo mi apparve in estate. Era una notte di giugno e sul campo da “football” in terra battuta della parrocchia di Portacomaro, dove si disputavano le serate finali di un agguerrito torneo notturno calcistico, lui irruppe sul vialetto inghiaiato del campo con una rombante Ferrari, rossa naturalmente.
Giocava la squadra del suo paese, il Rocchetta e c’erano contestazioni all’arbitro per non ricordo quale presunta “ingiustizia” calcistica. Giacomo invase il terreno di gioco con quella vettura da sogno. Scese, cominciando a inveire e a incitare gli altri fans del Rocchetta. E noi, che eravamo ragazzi e assistevamo alle partite da “portoghesi”, nascosti sulla collina sopra al campo, nel noccioleto di un mio cugino, non ci perdemmo neanche una battuta di quell’indimenticabile assalto all’arbitro. Prima gli insulti, poi la fuga del povero direttore di gara che si barricò negli spogliatoi. E Giacomo che arringava i supporter: poi, finalmente, l’omino in nero” venne preso in custodia dai carabinieri arrivati da Asti con la gazzella di servizio, la classica Giulia. E lì si scatenò l’inferno: Giacomo e gli altri cominciarono a scuotere l’auto della Benemerita, che incominciò a oscillare paurosamente. Poi, finalmente, i carabinieri riuscirono a rompere l’assedio e ad uscire dallo stadio tra frasi di scherno e invettive che si udirono fino alla piazza del paese, distante quasi un chilometro. Terminato quell’assalto e calmate anche le rimostranze del parroco, Giacomo risalì sulla Ferrari e la guidò fino alla piazza. Qualche minuto appena e fece l’ingresso nel circolo del Dopolavoro ferroviario, portando in dote alcune bottiglie di una Barbera che lui definì subito come “speciale”. Forse fu quello il primo Bricco dell’Uccellone assaggiato dai portacomaresi. Tra loro c’erano molti vignaioli: in quelle serate contadine i bar erano strapieni. E tutti assaggiarono, anzi bevvero avidamente. “Bun dabon” (buono davvero) ripeterono più volte. E Giacomo lasciò il circolo dopo una memorabile ribota (grande mangiata e bevuta, in dialetto). Salì sulla sua Ferrari e partì appena un poco sgommando.
“Chissà a vanda la piala” (Chissà dove l’ha presa, riferita all’auto da sogno) ripeterono gli avventori. E un altro: “Però è simpatico…e chula Barbera, che bona”. Non serve la traduzione.
Giacomo Bologna aveva già preso il volo.
(Franco Binello – giornalista La Stampa e figlio contadino di un contadino portacomarese)